Dopo dieci anni difficili, segnati da una pesante crisi e una lenta ricrescita, come stanno oggi le aziende italiane?                Possiamo provare a capirlo attraverso un’indagine effettuata da “modefinance” su un campione di 50.000 PMI italiane e sulla base degli ultimi bilanci depositati (2018).

Ecco i risultati:

Solvibilità

Gli anni dal 2008 in avanti sono stati segnati da una stretta del credito bancario, il cosiddetto credit crunch che, purtroppo, ancora non accenna a diminuire; nel 2019 il credito bancario alle imprese è sceso di un ulteriore 6,4%, vale a dire 45 miliardi di finanziamenti in meno. Eppure il credit crunch ha avuto anche conseguenze inaspettate. La difficoltà di accesso al credito bancario ha ridotto l’indebitamento finanziario delle imprese e, in generale, è diminuita la dipendenza delle PMI italiane da fonti di finanziamento esterne. Un segnale positivo, che mostra uno sforzo verso l’autosostentamento.

Liquidità

La stretta creditizia influisce anche sulle risorse di denaro delle aziende. Gli indici di liquidità fotografano la scarsità sistematica delle PMI italiane di risorse liquide. Tuttavia, il tempo medio di incasso delle fatture è sceso da 86 a 79 giorni che, però, è ancora un valore molto alto rispetto la media europea (34 giorni).

Redditività

Dopo i primi anni bui, negli ultimi anni il fatturato medio è cresciuto, in modo lento ma costante, del +16%. L’aumento del fatturato non ha coinciso però con un aumento dei valori degli indici di redditività, che hanno subito solo una leggera variazione e mostrano una situazione equilibrata ma stabile.

Il rating

In definitiva, come stanno le PMI italiane? Discretamente bene. Il rating si sta lentamente spostando verso le classi più alte e mostra un potenziale di crescita che non aspetta altro che essere sfruttato.

(Ma saremo in grado di sfruttarlo?)